giovedì 3 gennaio 2013

Cause dello sviluppo della mentalità magico-occultistica nella postmodernita/2

La crisi della ragione e il dogma del relativismo: fideismo e scientismo
Il contesto della post-modernità è segnato dalla consapevolezza di non poter conseguire una teoria certa a partire dal dato sperimentale e dal dubbio instillato dalla critica alla metafisica di poter giungere con la conoscenza intellettuale alla verità delle cose e dell'essere, e questo proprio sulla base della riflessione e della giustificazione del metodo scientifico/induttivo. Si fa strada, così, il relativismo che permea ogni campo del sapere e in modo particolare l’ambito della religione.

Nell’attuale contesto culturale, sembra che non si possa applicare il concetto di verità alle religioni e che ci si debba rimettere esclusivamente ad un giudizio soggettivo al di fuori di ciò che riguarda la scienza empirica. Più in generale la post-modernità ritiene che la verità non consista in una entità accessibile e vincolante per tutti gli uomini, ma sia il frutto di un compromesso stabilito sulla base della maggioranza. Questo concetto, applicato alla religione, implica che i dogmi cristiani siano visti come una assurda pretesa di verità, che viene appiattita in un sempre più vasto orizzonte di opinioni religiose, presentate su uno stesso livello, come prodotti di consumo disposti uno accanto all’altro in un supermercato, pronti per essere scelti in base ai gusti personali o agli “sconti” più consistenti.
Questo scetticismo del tutto generale nei confronti della pretesa di verità in materia religiosa è ulteriormente consolidato dai dubbi che la scienza moderna ha sollevato riguardo alle origini e ai contenuti del cristianesimo. La teoria evoluzionistica sembra aver superato la dottrina della creazione; le conoscenze che concernono l’origine dell’uomo sembrano aver superato la dottrina del peccato originale; l’esegesi critica relativizza la figura di Gesù e mette punti interrogativi sulla sua consapevolezza d’essere il Figlio; l’origine della Chiesa in Gesù appare dubbia, e così via. La “fine della metafisica” ha reso problematico il fondamento filosofico del cristianesimo, i metodi storici moderni hanno posto le sue basi storiche in una luce incerta. Così è naturale anche ridurre i contenuti cristiani a simboli, non attribuire loro nessuna verità maggiore di quella dei miti della storia delle religioni, considerarli come una modalità di esperienza religiosa che dovrebbe collocarsi umilmente a fianco di altre. In questo senso si può ancora – a quanto pare – continuare a rimanere cristiani; ci si serve sempre delle forme espressive del cristianesimo, la cui pretesa però è radicalmente trasformata: quella verità che era stata per l’uomo una forza obbligante e una promessa affidabile, diventa ormai una forma di espressione culturale della sensibilità religiosa generale, espressione che ci è suggerita a causa dell’accidentalità della nostra origine europea. (J. Ratzinger, Fede, verità e tolleranza. il cristianesimo e le religioni del mondo, Ed. Cantagalli, 2005, p.78-79)

Oggi sembra del tutto giustificato l’abbandono del cristianesimo e delle sue certezze ed il ritorno a forme sempre più diffuse e variegate di paganesimo e di religiosità primitiva. L’opera di evangelizzazione e di purificazione delle culture operata dalla Chiesa è vista come una specie di colonizzazione che ha cancellato le tradizioni dei popoli e delle culture preesistenti. Al grido “Restituiteci le nostre religioni!” si fanno avanti numerosi movimenti e gruppi che vorrebbero riesumare le credenze e le tradizioni del passato, sostenendo l’uguaglianza di tutte le religioni, poiché tutte avrebbero la capacità di far incontrare l’uomo con Dio. La mentalità contemporanea vorrebbe tutte le religioni ugualmente vere, o meglio, parzialmente vere, cosicché nessuna avrebbe il carattere di verità e tutte sarebbero intercambiabili. Ma è proprio così? In nome della libertà religiosa si devono tollerare tutte le forme espressive religiose o pseudo-religiose? Non c’è alcun criterio di discernimento circa la validità e la bontà di una fede o di una credenza?
La religione degli Aztechi prevedeva la pratica dei sacrifici umani per garantire la continuità e la sopravvivenza della specie, nel fanatismo di una fede che credeva che il dio Sole si nutrisse del sangue umano sparso in sacrificio e soltanto così si potesse garantire l’esistenza del mondo. Una tale fede, svincolata da ogni forma di razionalità e di buon senso, può considerarsi accettabile? Nei riti satanici, in cui si abusa delle persone e della loro dignità e dove vengono immolate vittime innocenti per “ingraziarsi” il potere di Satana, siamo ancora in presenza di una “religione” uguale alle altre? Se in nome di Dio una religione ammette la violenza all’uomo, giustificando la “guerra santa” per eliminare coloro che professano una fede diversa, certamente essa non può essere paragonata alle altre religioni e forse non dovrebbe nemmeno essere tollerata.
Una ragione che voglia raggiungere la verità è oggi vista come autoritaria e intollerante e chi ragionevolmente afferma di possedere una certezza in campo morale o metafisico rischia di essere considerato un fondamentalista.

giovedì 6 dicembre 2012

Cause di sviluppo della mentalità magico-occultistica nella postmodernità/1


Il piano esistenziale: individualismo, esaltazione del sé e fuga dalla storia
Una caratteristica della civiltà odierna è l’esaltazione dell’individuo, della singolarità di ciascun essere umano e della sua indipendenza. Si parla di soggetto per indicare la persona. L’«io» personale è diventata la realtà da cui partire per esplorare il mondo e per comprendere le cose. Il proprio punto di vista, il «secondo me» costituisce una specie di assoluto, il riferimento fondamentale per valutare la bontà dei propri pensieri e delle proprie azioni. L’esperienza individuale è rivestita di un alone di sacralità, che la rende intangibile e le fa assumere un valore incondizionato, non opinabile. Ci si appella alla propria «coscienza» per giustificare le scelte più varie, molte volte in contrasto con una visione oggettiva della realtà e dei valori che dovrebbero costituire il riferimento per le decisioni personali. Ci si sente sempre meno parte di istituzioni ufficiali e si cerca di svincolarsi da ogni forma di giudizio esterno che venga percepito come una specie di coercizione.
Questo incentrarsi sull’uomo, che potremmo chiamare «svolta antropologica», ha interessato dapprima la filosofia, poi la scienza e in diverse forme la teologia, la letteratura, l’arte, fino a influenzare l’intera cultura occidentaleEssa viene a delinearsi chiaramente in Feuerbach e in Nietzsche, privando l’esistenza umana del suo riferimento a Dio o almeno al Dio cristiano. Il centro dell’universo non è più il Creatore, ma l’uomo e il Dio personale della tradizione ebraico-cristiana è considerato un dio inferiore, retaggio di arcaiche morali dogmatiche. Così l’unico riferimento principale per l’uomo rimane il Sé e l’unica via di salvezza possibile la trascendenza orizzontale dello «spirito» umano nella direzione dell’esercizio delle facoltà superiori per svincolarsi dal mondo limitato e vincolante delle pulsioni vitalistiche (sublimazione dell’inconscio) oppure nella direzione dell’annichilimento nello «spirito del mondo» per trovare una nuova «identità», rinunciando alla propria «individualità».

Questa tendenza al soggettivismo e all’individualismo viene ad incontrare, nell’epoca della globalizzazione, le religioni e filosofie orientali, che in parte presentano concetti simili a quelli proposti dalle correnti filosofiche di matrice ateistica e con le quali si alleano alla ricerca di un «dio all’interno di se stessi». Esse insegnano che per realizzare le proprie potenzialità bisogna superare il proprio ego per divenire il «dio» che ognuno infondo è già. Ciò caratterizza e accomuna tutto il vasto movimento del New Age, ma trova un singolare parallelo nella visione psicanalitica junghiana e nelle concezioni che si ispirano alla psicologia del profondo, come ad esempio la psicologia transpersonale.
Nei contesti o approcci teorici in cui si fa consistere la realtà ultima e «vera» nel proprio Sé, o in qualcosa in cui il Sé debba identificarsi e fondersi, la storia umana e il mondo visibile vengono a perdere di consistenza e di valore, spesso considerati come pura apparenza (maya), come qualcosa che impedisce la realizzazione di sé. I fatti storici, in un certo senso, diventano illusione, destinata a scomparire, da cui non ci si deve lasciare influenzare e da cui ci si deve liberare. Si attua una vera e propria evasione dalla storia, che pertanto viene svuotata del suo valore e significato. Non si cerca più una corrispondenza al vero nella realtà dei fatti, ma tutto è soggetto al giudizio e alla verifica dell’esperienza individuale che avviene nell’intimo della propria psiche. Sotto l’influsso di questa mentalità, le testimonianze storiche della presenza e dell’azione di Dio a favore dell’uomo vengono relativizzate al massimo e trova spazio la possibilità di una rinascita del paganesimo, inteso in senso negativo di credenza in forze naturali che trascendono il singolo individuo, ma che rimangono comunque nella sfera del mondo materiale, dell’energia cosmica, con le quali egli dovrebbe in qualche misura riappacificarsi, identificarsi e fondersi.

giovedì 25 ottobre 2012

L'oscuramento della religiosità naturale nella cultura postmoderna


Lo studio comparato delle religioni nella prospettiva storica e fenomenologica – di cui si sono occupati molti ricercatori dall'ottocento ad oggi, tra cui Mircea Eliade, Ugo Bianchi e JulienRies  – ha evidenziato la naturale religiosità dell'essere umano ed ha permesso di constatare che il “fenomeno religioso appare come un fenomeno umano, coestensivo alla storia dell'umanità”, al punto che gli etnologi utilizzano come criteri di giudizio per riconoscere di trovarsi in presenza di un essere umano e non di un animale, insieme alla tecnica e all'uso degli utensili, anche le testimonianze del «sacro» o del culto reso alla divinità.
L'uomo  è naturalmente “religioso”, nel senso che – da sempre – ha cercato e vissuto il rapporto con Dio in modo spontaneo. Questo rapporto storicamente si sviluppa su due livelli di ricerca/conoscenza e di incontro/preghiera: attraverso il cosmo e attraverso l'uomo. Due modi di procedere che – anche dal punto di vista della rivelazione  hanno la loro piena validità per il fatto che il cosmo è creazione di Dio, quasi sacramento della sua presenza e della sua azione, mentre l'uomo è creato ad immagine di Dio ed il Verbo si è fatto carne, realizzando in Se stesso l’intima unità tra Dio e uomo ed esprimendo visibilmente nella realtà dell'essere umano l'essenza di Dio che è amore.
La religiosità naturale, il sentimento religioso presente nell'uomo di ogni tempo e luogo, riconosce il divino attraverso le sue manifestazioni nel mondo visibile e cerca, attraverso simboli naturali (ierofanie), di rappresentarne la realtà trascendente e misteriosa. Dal rappresentare Dio attraverso simboli, come il sole o il fuoco, al considerare questi elementi come emanazione della divinità, riducendo la natura di Dio alla stessa natura della materia, il passo è breve: è molto facile deviare il pensiero su Dio verso una concezione panteistica e più facile ancora è volersi impossessare di una conoscenza o di una pratica che permetta di dominare la natura per servirsene secondo i propri bisogni e desideri.
La seconda via di accesso a Dio che il senso religioso ha stimolato a percorrere è quella che passa attraverso l’uomo, i suoi gesti, le sue facoltà e virtù, la sua esperienza interiore. L’amore della mamma per il suo bambino, che rimanda all’amore di Dio per l’uomo, o la sapienza umana, come figura della Sapienza di Dio, non sono semplicemente antropomorfismi privi di fondamento reale. Non si tratta di attribuire a Dio gli atteggiamenti e le qualità che si ritrovano nell’uomo (proiezione psicologica), ma di esprimere qualcosa di ontologicamente essenziale per Dio e per l’uomo attraverso l’esperienza diretta e personale di ciò di cui l’Essere divino ci rende partecipi. Neanche le più elevate ed intime comunicazioni che Dio fa di Sé all’uomo (esperienza mistica) sono una proiezione della psiche umana malata e bisognosa di cura, però vi è un rischio molto grande, una possibile e pericolosa deviazione da evitare con attenzione: considerare divine esperienze che in realtà sono soltanto espressione della nostra psiche o che non provengono da Dio e che non ci portano alla comunione con Lui.
Queste due vie di accesso a Dio, che, come abbiamo detto, caratterizzano la religiosità naturale sembrano oggi essere messe in discussione, o quanto meno oscurate proprio da un approccio pseudo-scientifico, che assolutizza il metodo induttivo positivista e tende a spiegare entro una serie di cause “finite” e immanenti sia la genesi e la costituzione del mondo in cui viviamo, sia l'origine e lo sviluppo della vita umana, precludendo in modo assoluto la strada a qualsiasi forma di trascendenza divina e alla possibilità per l’uomo di giungere alla comunione con Dio.

giovedì 2 agosto 2012

Pensiero magico, scienza e poteri occulti

In senso molto generale, il pensiero magico consiste nell’attribuire poteri straordinari e quindi misteriosi a cose, luoghi o persone, in modo tale che gli effetti da essi prodotti appaiano superiori alle loro cause naturali. Tipico in questo senso è latteggiamento dei bambini che, proiettando su personaggi reali o fantasiosi la loro immaginazione, attribuiscono ad essi capacità straordinarie, senza che il loro pensiero trovi riscontro nella realtà[1]. Similmente rientra nel pensiero magico l’atteggiamento «superstizioso» o la «vana osservanza» che attribuisce ad amuleti, talismani, braccialetti, pietre, numeri, ecc. un potere di protezione o al contrario di sventura, in virtù di non ben precisati legami di causalità. Espressione di un pensiero magico è anche il ritenere possibile la trasmissione a distanza dei contenuti mentali ad altri senza mediazione alcuna, o il movimento di oggetti con il solo uso del pensiero. 
Il pensiero magico – nelle sue varie forme – ha ricadute sulla vita personale e sociale, sia a livello di riflessione teorica, come modo di comprensione e di approccio alla realtà, sia a livello di comportamento che determina la prassi e il vivere quotidiano e in questo duplice senso può incidere su una determinata cultura[2]. Di fatto, il pensiero magico può costituire un vero e proprio surrogato della filosofia, come chiave interpretativa del reale (Weltanschauung), fino a diventare una filosofia di vita o una «via di salvezza», assumendo quindi il carattere di una «religione» o «spiritualità» in senso lato, spesso, però, evitando il confronto diretto con le domande della ragione che seriamente si interroga sull’esistenza e sulla natura di Dio e del mondo, e sui rapporti di causalità, anzi, rifiutando categoricamente le riflessioni metafisiche e teologiche.


Sotto un profilo differente, la magia viene definita anche come l’arte, ossia la capacità di manipolare la realtà abilmente in modo da nascondere agli osservatori le cause reali dei risultati prodotti. Rientrano in questa categoria i giochi di prestigio o la «magia naturale» che dipende da risultati ottenuti, in modo naturale, grazie alle conoscenze scientifiche o specialistiche in un determinato campo[3]. La «tentazione» di manipolare le forze presenti nella natura in modo prodigioso ha sempre stimolato l’uomo verso la ricerca di nuove competenze scientifiche, ma ha anche aperto le porte all’occultismo, ossia alla ricerca di forze sconosciute che permettessero di avere un potere misterioso sulla realtà.  
Il legame tra scienza e magia, nel senso specifico di magia occulta, si è particolarmente sviluppato verso la fine del medioevo e nel periodo rinascimentale, ad opera di pensatori come Ruggero Bacone (1214-1294), Marsilio Ficino (1433-1499), Giordano Bruno (1548-1600), Tommaso Campanella (1568-1639), contribuendo ad intensificare quel rapporto reciproco tra sapere e potere, che fa leva sulla volontà di dominio e sulla potenza del desiderio umano[4]. In questo periodo ci si rivolge alle forze della natura, attraverso la magia, l’astrologia e lalchimia, nella convinzione che «tutto è vivo e animato, e tutto è solidale, e l’uomo può, attraverso quei viventi ministri di Dio che sono gli astri, invocare Dio»[5]. Alla base di questa mentalità, tutt'altro che infantilistica, vi era la convinzione che esistesse una corrispondenza tra macrocosmo (universo) e microcosmo (uomo), e che tutto il mondo fosse soggetto ad un intreccio complesso di forze e di influssi misteriosi dovuti ad una certa vitalità o «animazione» dellorganismo cosmico[6].


Questa visione olistica del mondo oggi sembra ritornata di moda, soprattutto in ambienti influenzati dal New Age, dove i «risultati magici» sono attribuiti ad energie naturali presenti in oggetti particolari (forze di tipo fisico) o nelle persone (forze di tipo psichico). Altre volte, e qui entriamo nel terreno dell’animismo o «spiritismo», tali presunti poteri si attribuiscono ad esseri viventi invisibili (spiriti, anime, divinità, demoni, intelligenze superiori, ecc.), che vengono invocati appositamente per ottenere benefici o malefici (neostregoneria e satanismo). Reiki, channeling, wicca, neosciamanesmio, psicologia transpersonale, sono soltanto alcune delle pratiche oggi diffuse che dipendono da una concezione irrazionale della realtà, fondata sulla convinzione che esista una sostanziale identificazione tra microcosmo e macrocosmo, che non fa distinzione tra dimensione psichica e spirituale, tra Dio e mondo (energia cosmica), negando alla persona la dignità del suo essere individuale e libero, che trascende spiritualmente ogni cosa creata.


[1] Fondamentali a questo proposito sono gli studi di J. Piaget: Lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia, Einaudi, Torino 1967; La rappresentazione del mondo nel fanciullo, Boringhieri, Torino 1966.

[2] Cf E. De Martino, Il mondo magico. Prolegomeni ad una storia del magismo, Boringhieri 1973; Id., Sud e magia, Feltrinelli, 2001; Id., Mondo popolare e magia in Lucania, Basilicata, 1975.
[3] Un esempio è il fenomeno del ghiaccio che brucia, cosa apparentemente prodigiosa, ma possibile grazie al fatto che in determinate condizioni di pressione e di temperatura, nella trasformazione dell’acqua in ghiaccio, possono essere immagazzinate molecole di metano, che liberandosi possono dare origine alla combustione. 
[4] Il rapporto tra magia e scienza è visto dagli storici sotto due prospettive diverse. Da un lato autori come L. Thorndike e R. Hall sostengono che fino al XVII secolo le ricerche scientifiche si siano svolte in simbiosi con le pratiche magiche, dopodiché le due forme culturali avrebbero preso strade distinte. In questo senso lo sviluppo della scienza seicentesca sarebbe da intendersi come un costante progresso e una sistematica eliminazione di modelli di spiegazione scientifica inadeguati. Dopo la seconda guerra mondiale, autori quali W. Pagel, D.P. Walker, F.A. Yates, C. Webster e, per l'Italia, E. Garin, P. Rossi e P. Zambelli, ritengono che idee connesse con la magia spirituale e demoniaca ebbero un'influenza ininterrotta sul movimento scientifico europeo. Cf F.A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Laterza, Roma-Bari 1969; C. Webster, Magia e scienza da Paracelso a Newton, Il Mulino, Bologna 1984; P. Rossi, Francesco Bacone: dalla magia alla scienza, Einaudi, Torino 1974.
[5] E. Garin, Magia e astrologia nella cultura del Rinascimento, in E. De Martino (a cura di), Magia e civiltà, Garzanti 19843, p. 29. «In uno dei più famosi manuali di magia del Medioevo leggiamo questa preghiera al Sole, che precedeva le pratiche per ottenere il favore dei re: “O tu che sei la radice del cielo, sopra tutte le stelle, sopra tutti i pianeti, santo, onorato… tu che sei la luce del mondo, io ti invoco con tutti i tuoi nomi… ti scongiuro per Colui che ti ha dato la luce e la vita”» (ibid.)
[6] Il francescano Ruggero Bacone considerava «i rapporti ultimi della realtà come rapporti personali, non numeri e ragioni e misure, ma frate Sole e sorella Luna, e frate Lupo e sorella Acqua, e fratelli e sorelle tutti gli enti creati, e su tutti Dio padre; in luogo di una trama di logiche essenze appare un giuoco sempre nuovo di esistenze, aperto a tutte le possibilità e a tutte le persuasioni» (ibid., p. 30). Per Giordano Bruno – che si dirige verso una forma di «divinizzazione» della natura – l’infinito in cui viviamo e che vive in noi «non è materia, perché non è figurato né figurabile; non è terminato né terminabile. Non è forma, perché non informa…, [ma] è totalmente forma, che non è forma; è totalmente materia che non è materia; è talmente anima che non è anima: perché è il tutto, uno, infinito, vivente e assoluto» (ibid.).

domenica 1 luglio 2012

Il pensiero magico e la società postmoderna

Sembra naturale pensare che la società occidentale, dopo la condanna esplicita della magia, la nascita della scienza moderna e le acquisizioni della filosofia e della psicologia, debba possedere gli anticorpi necessari per contrastare efficacemente quelle forme di pensiero e di prassi che contengono in se stesse elementi irrazionali, come la magia e l’esoterismo in genere. L’analisi sociologica, invece, dimostra che il contesto culturale della post-modernità si caratterizza per una fioritura di movimenti e di pratiche pseudo-religiose alla cui base soggiace una mentalità magico-occultistica[1]. Anche l’indagine filosofica e teologica su questa realtà evidenzia che la crisi post-moderna ha aperto in vasti ambiti culturali il campo allo sviluppo del pensiero magico ed esoterico[2]: dal movimento New Age al millenarismo, dal mondo del cinema al mondo della comunicazione digitale e pubblicitaria, dalla musica ai videogiochi e alle riviste per adolescenti, dal ricorso agli operatori dell’occulto alle pratiche di medicina alternativa.
A mio parere, il contesto culturale della post-modernità può essere considerato come una miscela esplosiva per la mentalità magico-occultistica. Intendo dire che le basi culturali che caratterizzano la società attuale (mi riferisco in particolare al mondo occidentale e alla civiltà tecnica che in esso si è sviluppata), sono elementi catalizzatori per la nascita e lo sviluppo di atteggiamenti devianti rispetto alla religiosità naturale, intesa come quel sentimento religioso che ha permeato fortemente la cultura occidentale e quella di molti popoli di varie parti del mondo, in cui si riconosce e si afferma la trascendenza di Dio sulle creature, il suo essere personale e la sua sacralità e ci si rivolge spontaneamente alla divinità con rispetto e con senso di sottomissione, con venerazione e con timore.



[1] Cf AA.VV., Le sètte religiose: una sfida pastorale, ESD, 1991; L. R. Kurtz, Le religioni nell’era della globalizzazione, Il Mulino, 2000; M. Introvigne, Il sacro postmoderno: Chiesa, relativismo, nuova religiosità, Gribaudi, 1996; A. Molle, I nuovi movimenti religiosi, Carocci, 2009; M. Introvigne, Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo, SugarcCo, 2003. Anche il Ministero degli Interni Italiano si è occupato di questo tema, pubblicando nel 1998 i risultati di una ricerca in un rapporto del Dipartimento di Pubblica Sicurezza dal titolo: “Sette religiose e nuovi movimenti magici in Italia”, Febbraio 1998.
[2] Cf G. Filoramo, I nuovi movimenti religiosi: metamorfosi del sacro, Laterza, 1986; J. Sudbrack, La nuova religiosità. Una sfida per i cristiani, Queriniana, 1988; C. Gatto Trocchi, Viaggio nella magia. La cultura esoterica nell’Italia di oggi, Laterza, 1996. 

venerdì 1 giugno 2012

Religione e magia

Al contrario della religione – che implica e contiene in sé il senso del sacro e quindi della trascendenza di Dio e della sua «inaccessibilità» e santità – la magia può essere considerata come un modo di impadronirsi della realtà creata servendosi di forze sconosciute o occulte. Attraverso l'uso di queste forze apparentemente misteriose si cerca di ottenere un dominio sulla realtà fisica e anche sulla dimensione psichica delle persone. È l’atteggiamento opposto alla religione, in quanto costituisce il tentativo di strumentalizzare le potenze soprannaturali o comunque occulte per realizzare i propri interessi: la divinità non è vista come il fine ultimo dell'essere umano, ma è posta a servizio dell'uomo e dei suoi fini. L’uomo si fa «dio» di se stesso e del mondo nell’illusione di poter sottomettere a sé e ai suoi desideri tutta la realtà, senza accorgersi che proprio in tale modo perde la sua dignità e la sua grandezza e scopre sempre più i limiti della sua esistenza, che vorrebbe superare, ma di fronte ai quali si trova impotente. Con la magia si esce dal campo della razionalità e dell'utilizzo delle forze fisiche conosciute dalla scienza e si entra in un mondo occulto, in cui tutto è ammesso e giustificato, purché produca l’effetto desiderato. La stessa ragione è come amputata nella sua capacità di cogliere l’Assoluto nella sua trascendenza, perché protesa ad assolutizzare la realtà materiale, nel tentativo di «scioglierla» da ogni immanenza. La mentalità magica non accetta il confronto con la razionalità filosofica e con la religione, di cui è acerrima nemica e che cerca di screditare in ogni modo pur di imporre la propria visione, perché l’una e l’altra mettono in luce il panteismo e l’idolatria che si nascondono in essa, come una serpe in seno.

martedì 1 maggio 2012

La moderna critica alla religione

Dopo la nascita della filosofia idealista si è progressivamente sviluppata una critica nei confronti della religione, che ha avuto una forma particolarmente esplicita ed influente nel pensiero di Nietzche, sintetizzabile nell'annuncio "profetico": "Dio è morto". 
Con lui e prima di lui, Ludwig Feuerbach ha contribuito decisamente al compimento della "svolta antropologica" - la rivoluzione copernicana nella filosofia - che ha voluto rimuovere la religione dall'orizzonte spirituale, relegandola nella sfera della psiche. La severa critica di tipo storico-filosofico da lui promossa si basa sulla convinzione che la religione sia una creazione fantastica dell'uomo, nata dal suo istinto di conservazione e dal suo impulso alla felicita'. "Gli dei sono i desideri dell'uomo pensati come reali, i desideri dell'uomo trasformati in esseri reali" (L. Feuerbach, Lezioni sull'essenza della religione, cit. in H. Zarhnt, La sfida della moderna critica della religione, Queriniana, 1981, p. 10).
Parallelamente, da un'altra prospettiva, Marx avanza la sua critica storico-sociale, fondata in parte sulla teoria della proiezione di Feuerbach. Per Marx l'inclinazione religiosa del cuore umano sarebbe una visione distorta (capovolta) del mondo, che avrebbe un effetto narcotico sulle coscienze (l'oppio del popolo) e che le classi sociali che dominano nello stato e nella società avrebbero interesse a diffondere e a consolidare.
Con la psicanalisi di Sigmund Freud, applicata alla religione, la critica si sviluppa anche in ambito storico-psicologico e si scaglia contro quella che sarebbe una nevrosi universale ossessiva: l'uomo ha personificato le forze della natura, le ha elevate a potenze che gli elargiscono conforto, gli offrono protezione, ne rinvigoriscono il minacciato sentimento di sé e lo aiutano, nello stato di abbandono in cui si trova, ad affrontare la vita (cf H. Zarhnt, op. cit., p. 18).

Siamo d'accordo con tutta la moderna critica agli "dei creati dall'uomo": un simile modo di intendere la divinità, non può che essere rifiutato e combattuto in quanto falsificazione della realtà, pura proiezione mentale, estraneazione o alienazione dell'essere umano dalla sua vera natura. Ma quello che i "maestri del sospetto" criticano, può ancora chiamarsi religione? Davvero la fede in Dio nasce da una malattia mentale?
Giustamente l'analisi psicologica ritiene possibile una regressione del pensiero (o una sua immaturità), in modo che anche nell’adulto si manifesti una mentalità infantile.  Ma la religione non può essere ri(con)dotta a questa forma distorta di psichismo.
A voler essere obiettivi, essa non nasce da un meccanismo proiettivo di difesa, ma dalla naturale attività della ragione umana che, riflettendo coscientemente sulla propria esperienza di vita, coglie il senso del sacro e della presenza di Dio attraverso i segni o tracce che di Lui si possono cogliere nella creazione ed in particolare nell’uomo, e attraverso l’incontro con una Persona che si rivela, intervenendo nella storia umana con eventi e parole. Non si può parlare della religiosità come di attività dipendente dall’inconscio, che deve essere portata a maturità nell’Io (conscio). 
Certo, sono possibili casi di regressione narcisistica in cui si attribuisce una personalità a cose inanimate e si pretende di dominarle o di ingraziarsele (come fanno i bambini con i genitori). L’errore sta nel non volere ammettere la possibilità di altri approcci ed esperienze e di voler rinchiudere qualsiasi differenza in una visione escludente ed intollerante (tipica di chi non ricerca la verità, ma si arrocca in difesa delle proprie opinioni). 
Punto di riferimento privilegiato, se non esclusivo per le teorie psicanalitiche è la casistica dei malati psichiatrici e questo è il grande limite metodologico e conseguentemente teoretico della psicanalisi freudiana e dei suoi successivi sviluppi.