giovedì 25 ottobre 2012

L'oscuramento della religiosità naturale nella cultura postmoderna


Lo studio comparato delle religioni nella prospettiva storica e fenomenologica – di cui si sono occupati molti ricercatori dall'ottocento ad oggi, tra cui Mircea Eliade, Ugo Bianchi e JulienRies  – ha evidenziato la naturale religiosità dell'essere umano ed ha permesso di constatare che il “fenomeno religioso appare come un fenomeno umano, coestensivo alla storia dell'umanità”, al punto che gli etnologi utilizzano come criteri di giudizio per riconoscere di trovarsi in presenza di un essere umano e non di un animale, insieme alla tecnica e all'uso degli utensili, anche le testimonianze del «sacro» o del culto reso alla divinità.
L'uomo  è naturalmente “religioso”, nel senso che – da sempre – ha cercato e vissuto il rapporto con Dio in modo spontaneo. Questo rapporto storicamente si sviluppa su due livelli di ricerca/conoscenza e di incontro/preghiera: attraverso il cosmo e attraverso l'uomo. Due modi di procedere che – anche dal punto di vista della rivelazione  hanno la loro piena validità per il fatto che il cosmo è creazione di Dio, quasi sacramento della sua presenza e della sua azione, mentre l'uomo è creato ad immagine di Dio ed il Verbo si è fatto carne, realizzando in Se stesso l’intima unità tra Dio e uomo ed esprimendo visibilmente nella realtà dell'essere umano l'essenza di Dio che è amore.
La religiosità naturale, il sentimento religioso presente nell'uomo di ogni tempo e luogo, riconosce il divino attraverso le sue manifestazioni nel mondo visibile e cerca, attraverso simboli naturali (ierofanie), di rappresentarne la realtà trascendente e misteriosa. Dal rappresentare Dio attraverso simboli, come il sole o il fuoco, al considerare questi elementi come emanazione della divinità, riducendo la natura di Dio alla stessa natura della materia, il passo è breve: è molto facile deviare il pensiero su Dio verso una concezione panteistica e più facile ancora è volersi impossessare di una conoscenza o di una pratica che permetta di dominare la natura per servirsene secondo i propri bisogni e desideri.
La seconda via di accesso a Dio che il senso religioso ha stimolato a percorrere è quella che passa attraverso l’uomo, i suoi gesti, le sue facoltà e virtù, la sua esperienza interiore. L’amore della mamma per il suo bambino, che rimanda all’amore di Dio per l’uomo, o la sapienza umana, come figura della Sapienza di Dio, non sono semplicemente antropomorfismi privi di fondamento reale. Non si tratta di attribuire a Dio gli atteggiamenti e le qualità che si ritrovano nell’uomo (proiezione psicologica), ma di esprimere qualcosa di ontologicamente essenziale per Dio e per l’uomo attraverso l’esperienza diretta e personale di ciò di cui l’Essere divino ci rende partecipi. Neanche le più elevate ed intime comunicazioni che Dio fa di Sé all’uomo (esperienza mistica) sono una proiezione della psiche umana malata e bisognosa di cura, però vi è un rischio molto grande, una possibile e pericolosa deviazione da evitare con attenzione: considerare divine esperienze che in realtà sono soltanto espressione della nostra psiche o che non provengono da Dio e che non ci portano alla comunione con Lui.
Queste due vie di accesso a Dio, che, come abbiamo detto, caratterizzano la religiosità naturale sembrano oggi essere messe in discussione, o quanto meno oscurate proprio da un approccio pseudo-scientifico, che assolutizza il metodo induttivo positivista e tende a spiegare entro una serie di cause “finite” e immanenti sia la genesi e la costituzione del mondo in cui viviamo, sia l'origine e lo sviluppo della vita umana, precludendo in modo assoluto la strada a qualsiasi forma di trascendenza divina e alla possibilità per l’uomo di giungere alla comunione con Dio.

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