venerdì 18 novembre 2011

Una strada a senso unico?




Dietro la ricerca sincera ed appassionata di Dio, non si nasconde forse il pericolo di seguire un’illusione, una costruzione mentale frutto della nostra immaginazione e della nostra ragione, ma che in fondo ci conduce ad una meta sbagliata? Certo ogni pensatore «costruisce» (per non dire inventa) la sua idea di Dio, a partire dai propri ragionamenti e dalle proprie convinzioni ed esperienze. Non può forse ingannarsi, come anche noi lo possiamo? Proprio qui sembra annidarsi un’obiezione sostanziale e quasi insuperabile alla conoscenza di Dio. 
Tuttavia è lecito chiedersi anche se la ricerca umana sia davvero l’unico modo con cui possiamo sapere qualcosa di Dio ed instaurare un «contatto» con Lui o se, invece, a questo tentativo dell’uomo di innalzarsi sopra di sé non corrisponda un «abbassarsi» di Dio verso l’uomo. È così illogico (irrazionale ed insensato) pensare che il Creatore e Signore del mondo, dopo aver voluto l’esistenza dell’uomo, abbia potuto lui stesso venire incontro all’uomo e manifestarsi in qualche maniera? Dio deve essere per forza nemico dell’uomo? Ma allora perché l’uomo esiste ancora, nonostante la sua miseria e non è ancora stato sopraffatto da Dio a causa della sua cattiveria?

Si, la strada verso Dio non è a senso unico, ma in essa c’è spazio sia per l’indagine razionale, frutto del desiderio naturale dell’uomo di conoscere e di «vedere» Dio, sia per la manifestazione di Dio all’uomo, come conseguenza della sua bontà essenziale e della sua volontà di vedere finalmente l’uomo nella sua dignità di creatura costituita ad immagine e somiglianza di Dio, capace di conoscere e praticare il bene, capace di amare in senso pieno e di vivere nella comunione con il suo Creatore.

Cammini paralleli


Le più antiche testimonianze storiche della cultura umana - suppellettili ed iscrizioni sacre - ci parlano della naturale religiosità dell’uomo, del suo rapporto con la divinità caratterizzato da uno stretto legame con i fenomeni della natura e con il governo del cosmo. 
La filosofia classica, che da millenni guida l’indagine razionale sul nostro vivere ed è all’origine della cultura occidentale, a partire dalla riflessione intellettuale sull’essere, è giunta ad affermare l’esistenza di Dio come Essere Assoluto, fondamento di ogni cosa. 
Le religioni orientali, sulla base delle dottrine dei vari “maestri” e degli antichi “libri sacri”, sottolineano la dimensione sacrale della vita umana e danno ampio spazio ai rituali e al culto della divinità. 
Uomini di scienza (come Galileo Galilei, Isaac Newton, Alessandro Volta, Max Plank e molti altri) nelle varie epoche storiche, hanno riconosciuto la necessità dell’esistenza di Dio, a partire dalla scoperta delle leggi “immutabili” e perfette che regolano il cosmo. 
Pensatori e letterati di tutti i tempi, da Maimonide ad Hegel, da Pascal a Floresnkij, da Dante Alighieri a Tolkien, hanno posto al centro della loro vita e delle loro opere il riferimento a Dio, con cui si sono confrontati apertamente, contribuendo a dar impulso alla riflessione teoretica e allo sviluppo dell’umanesimo.

Queste indagini razionali e forme di religiosità a cui si è accennato, insieme a numerose altre che si possono incontrare studiando la storia della civiltà, sono frutto della ricerca e dell’esperienza individuale. Sono una conquista dell’essere umano che vuole conoscere il senso ultimo delle cose e della propria vita. Sono cammini non sempre diritti, più o meno paralleli, che a partire dal vissuto personale si dirigono verso Dio, anche se non sempre lo trovano.

In ricerca


Tutti noi abbiamo bisogno di dare un fondamento alla nostra vita. Non ci basta sapere chi sono i nostri genitori o i nostri antenati, ma vogliamo sapere qual è la nostra origine e qual è il nostro destino ultimo. Abbiamo bisogno di sapere la verità su noi stessi e sul mondo in cui viviamo.
Tutta la storia dell’uomo può essere vista come un’appassionata e drammatica ricerca, che si manifesta nell’aspirazione profonda e insopprimibile alla verità, alla vita eterna e beata, che da sempre attrae irresistibilmente il desiderio umano, ma che può esprimersi anche nell’illusoria lotta per raggiungere l’indipendenza assoluta da ogni riferimento al trascendente (nell’assurdo ed impossibile tentativo di negarne l’esistenza). 
In ogni caso l’essere umano ricerca la sua felicità, ricerca la gioia di vivere, ricerca un’esistenza migliore di quella presente, se non altro perché questa prima o poi finisce. E noi sentiamo nel profondo del nostro essere un innato bisogno di eterno, di quel «per sempre» che questa vita non ci può dare. Sentiamo per esperienza personale e diretta che non ci basta «questo mondo», che qualcosa o Qualcuno ci deve essere al di sopra e al di là della morte corporale, per non rinchiudere il nostro esistere nel non senso del nulla.

Forse meglio non pensarci?



Accettare Dio sembra difficile, almeno tanto quanto il negarlo, forse è meglio non porsi il problema e vivere in un’indifferenza religiosa? La scorciatoia, apparentemente meno dolorosa e più corretta dal punto di vista logico - di Dio non possiamo avere una dimostrazione empirica, perciò dobbiamo tacere - è solo una falsa soluzione teorica che presenta molti punti deboli. Essa scricchiola, per così dire, non appena la si pone sul livello concreto dell’esistenza; alla verifica della realtà della vita, rivela tutta la sua inconsistenza: è una «non risposta» che prima o poi farà riemergere in modo più acuto il bisogno di una soluzione. Si cura forse un’infiammazione al trigemino con una anestesia? Finito l’effetto anestetico il dolore ritornerà con intensità ancora maggiore. Se non si risponde alla domanda su Dio, essa affiorerà dolorosamente al nostro spirito non appena ci troveremo ad affrontare particolari circostanze della vita, come la sofferenza fisica o psichica, un lutto, una grave ingiustizia subita. Senza contare che scelte di vita di carattere etico o più semplicemente l’incontro con le altre persone, magari in situazioni di povertà e di bisogno, ci obbligano a scegliere: con Dio o senza Dio.